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Ema: Amsterdam, la sede non è idonea - Italia verso il ricorso

La prospettiva di un «doppio trasloco» agita i vertici di Ema, l'Agenzia del farmaco, assegnata a novembre scorso, ad Amsterdam dopo un sorteggio in cui fu sconfitta, sul filo di lana del testa a testa, la candidatura di Milano .

La questione della sede
Il palazzo della capitale olandese, dove sarà trasferita dopo la Brexit l'Ema, non è ancora pronto, e la soluzione transitoria proposta dagli olandesi «non è ottimale», perché «dimezza lo spazio della sede di Londra». Il che aggiunge «strati di complessità al trasferimento e allungherà i tempi per tornare a funzionare regolarmente». Lo ha detto chiaramente il direttore dell'Ema, Guido Rasi, in una conferenza stampa congiunta, ieri, con le autorità olandesi. «Nelle ultime settimane l'Ema – ha sottolineato ancora Rasi – ha discusso con le autorità olandesi sulla selezione del palazzo temporaneo, bocciando le proposte iniziali. Gli olandesi hanno quindi dovuto cercare un'altra soluzione». Che è stata alla fine trovata. Ma che, precisa, «Non è quella ottimale». Perché «abbiamo solo metà dello spazio rispetto ai locali di Londra. E nonostante si debbano anche usare strutture esterne per le riunioni, potremo almeno ospitare all'interno dell'edificio gli incontri scientifici».

Per le autorità di Amsterdam, «i disagi iniziali sono minimi. Abbiamo trovato una soluzione adeguata, in attesa di quella definitiva. Non ci sono problemi».
Ma a questo punto, la domanda sorge spontanea: ci sono i margini per tornare indietro e riconsiderare la candidatura di Milano, che invece la sede definitiva l’aveva pronta (il grattacielo Pirelli di Milano), gratuita (almeno per i primi anni) e con 8mila metri quadrati in più rispetto alla sede londinese? Difficile, per i tecnici che dall’inizio hanno seguito il dossier.
Diverse città – non solo Amsterdam – avevano illustrato nel dossier la prospettiva di una iniziale sede provvisoria, in attesa della costruzione di una definitiva. Nelle guidelines approvate a giugno dal Consiglio Ue l’elemento era contemplato e non era considerato come un pregiudizio negativo. Infatti, Amsterdam era riuscita ad arrivare in finale con Milano, che sulla sede definitiva e pronta si giocava uno dei punti di maggiore forza. Dunque, non si trattava di una novità e non aveva condizionato nè la valutazione della Commissione Ue nè quella degli Stati membri che a novembre hanno votato. Del resto, anche l’attuale sede londinese di Ema è frutto di un trasloco da un primo edificio provvisorio.

A questo punto, la scelta di Amsterdam potrebbe essere rimessa in discussione se la città si ritirasse (altamente improbabile) o se la sede mancasse delle dotazioni minime necessarie (cioè se la superficie fosse realmente insufficiente a garantire l’operatività o mancassero le cabine per gli interpreti...).

Il ricorso dell’Italia
Su questo proverà a fare leva l’Italia. «Sono in contatto con il Presidente del Consiglio Gentiloni per valutare tutte le possibili iniziative» ha scritto in un post su Facebook il sindaco di Milano, Giuseppe Sala . Così come, sempre su Facebook, aveva ribadito il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni: «Amsterdam non è pronta? Portate l’Ema a Milano».

Chiede di porre la questione alla Commissione Ue il ministro per la Salute, Beatrice Lorenzin.

Ma il sottosegretario alle Politiche europee, Sandro Gozi, punta sul ruolo del Parlamento: «Se il Parlamento Ue non fosse d’accordo con il Consiglio sulla sede dell’agenzia del farmaco allora si aprirebbe una discussione fra le due istituzioni come capita in queste occasioni. Aspettiamo divedere quale sarà la presa di posizione del Parlamento Ue che ha un ruolo legislativo e politico». Ma ci vogliono i numeri e una presa di posizione transnazionale.

Sui nodi del trasferimento di Ema ad Amsterdam era stata già presentata un’interrogazione bipartisan dalle europarlamentari Patrizia Toia (Pd) ed Elisabetta Gardini (Fi) alla commissione Ue.

Come bipartisan è l’appello, giunto ieri sera, da tutti i parlamentari italiani a Bruxelles. Lo stesso rilanciato dal presidente della Camera, Laura Boldrini, e dal candidato alla Regione Lombardia per il centrosinistra, Giorgio Gori:«Il governo italiano chieda di riaprire il dossier e riporti in pista Milano».

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