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Sulle fusioni di Comuni l’incognita delle regole elettorali

di Ettore Jorio

In otto anni 336 Comuni in meno grazie alle fusioni, con un boom nel 2016 con 29 aggregazioni perfezionate. Insomma, un bel record cui ha certamente inciso l'incremento delle agevolazioni statali ad hoc, sia finanziarie che organizzative. Molte fusioni sono state messe a punto al meglio, assistite da corretti studi di fattibilità preventivi. Altre fatte alla meno peggio, le peggiori in Calabria a causa di una legge inadeguata e dall'assenza assoluta di ogni progetto nonché dalla mancata approvazione della prevista legge di riordino del sistema autonomistico locale. In quasi tutte si è registrata l'assenza di una «prova» dell'intervenuta valutazione sulla meritevolezza dell'iniziativa da parte delle Regioni chiamate a legiferare.

Il nodo della consultazione elettorale
Nella totalità delle fusioni è, invece, mancato il corretto riferimento alla partecipazione democratica generativa degli organi del nuovo ente locale: l'appuntamento elettorale. A disciplinarlo si è invocata, generalmente, la legge n. 182 del 1991. Più precisamente, l'articolo 2 che prevede l'elezione dei consigli comunali da rinnovarsi per motivi diversi dalla scadenza ordinaria del mandato del sindaco. Con questo, è stato fatto proprio il criterio secondo il quale le tornate elettorali vanno fissate tra il 15 aprile e il 1° giugno successivo alla formazione della causa che ha determinato l'obbligo del rinnovo degli organi municipali. Ed è qui che casca l'asino. Perché il problema nasce da questo improprio riferimento legislativo, cui si sono uniformate le Regioni nel fissare le regole e gli step procedurali ottimali da seguire nelle fusioni dei Comuni ricadenti nei loro territori. Il tutto a causa di una leggerezza interpretativa che ha rischiato e rischia di far collassare l'erogazione in favore delle loro collettività delle funzioni fondamentali assegnate ai Comuni, ma anche di recare pregiudizi al corretto mantenimento dei rapporti interistituzionali. Un’opzione, questa, forse praticabile in quelle per incorporazione ma non già a quelle per unione, atteso che prevedono e determinano, rispettivamente, il mantenimento del Comune incorporante e l'estinzione di tutti i Comuni interessati

La data del voto
Insomma, il vero problema è rappresentato della data del voto, che non è decisa dalla Regione ma fissata dal Prefetto. Una scadenza dalla quale dipendono gli adempimenti necessari ad assicurare l'erogazione dei servizi senza soluzione di continuità e l'intrattenimento dei rapporti con le altre istituzioni.
Al riguardo, è da tenere presente che la fattispecie della tornata elettorale, da individuare a seguito di una fusione di Comuni, non rintraccia nell'ordinamento una sua disciplina specifica. Ciò in quanto è rappresentativa di un evento non affatto contemplato dalla legge n. 182 del 1991, dal momento che lo stesso non rientra nell'ipotesi prevista dall'articolo 2.
Da una parte, è infatti vero che lo stesso è applicabile nei casi diversi dalle elezioni da celebrarsi a seguito di scadenza naturale del mandato, riguardante il rinnovo dei consigli comunali, ovviamente, di Comuni già esistenti. In quanto tali dotati di tutti gli strumenti giuridici, economici e programmatici che occorrono per il loro funzionamento a regime.
Dall'altra, nel caso che ci occupa non è così! Nelle fusioni per unioni - a differenza di quanto avviene con quella per incorporazione ove il Comune incorporante rimane e garantisce, comunque, una continuità istituzionale ed erogativa - concretizza l'istituzione di un nuovo comune e la contestuale estinzione di quelli fusi. Di conseguenza, il nuovo Comune è del tutto privo degli elementi giuridico-economici che assicurano la sua esistenza funzionale, ivi compresa una burocrazia di supporto unitariamente organica alle rinnovate esigenze del nuovo Comune.
A ben vedere, non si tratta per nulla di un rinnovo di un consiglio comunale esistente - così come disciplinato nelle ipotesi trattate dalla legge 182/1991 - ma dell’elezione di organi (consiglio e sindaco) nuovi di zecca di un Comune che prima non c'era; e proprio per questo non disciplinate dalla legge 182.
Al legislatore che verrà, quindi, il compito di implementarla e, per quanto riguarda le fusioni in atto, a carico dei Prefetti l'impegno di evitare - in assenza di una norma che gliele imponga - la fissazione di elezioni improvvide (da celebrarsi, per esempio, nel medesimo anno dell'istituzione del Comune, se perfezionata prima del 24 febbraio) che potrebbero esser causa di danni irreparabili alle istituzioni interessate e ai cittadini, vittime incolpevoli delle solite previsioni normative che non ci sono.

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