Amministratori

Non commette abuso d’uffico il vigile che multa l’automobilista con cui è in causa

di Francesco Machina Grifeo

Non scatta il reato di abuso d'ufficio per il vigile che multi un cittadino con il quale ha in piedi un contenzioso civile. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 1929 di ieri, affermando che l'esistenza di una controversia non integra un conflitto di interessi tale da costringere il pubblico ufficiale ad astenersi. Tuttavia la Suprema corte ha confermato la condanna per falso ideologico dell'imputato per aver consapevolmente attestato in uno dei verbali di contravvenzione elementi non veri.

L’ipotesi di reato
La Cassazione ricorda che l'articolo 323 del codice penale ha introdotto nell'ordinamento, in via diretta e generale, un dovere di astensione per i pubblici agenti che si trovino in una situazione di conflitto di interessi, «con la conseguenza che l'inosservanza del dovere di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto integra il reato anche se manchi, per il procedimento ove l'agente è chiamato ad operare, una specifica disciplina dell'astensione, o ve ne sia una che riguardi un numero più ridotto di ipotesi o che sia priva di carattere cogente».

Il mancato conflitto d’interessi
Ciò posto, prosegue la sentenza, «risulta evidente come non possa certo parlarsi di una situazione di “conflitto di interessi” dell'agente di polizia municipale, nell'azione amministrativa svolta (che si è concretizzata nella elevazione di una serie di contravvenzioni amministrative per violazioni al codice delle strada), atteso che, per un verso, si trattava di un'azione necessitata e doverosa per il pubblico ufficiale dinanzi all'accertamento di una violazione di norme amministrative da parte della odierna parte offesa e che, per altro verso, la semplice esistenza di una controversia giudiziaria tra il pubblico ufficiale ed il cittadino sanzionato non può certo ingenerare una situazione di conflitto di interessi nell'espletamento dell'azione amministrativa (peraltro doverosa, come detto sopra), come tale implicante un obbligo di astensione da parte del pubblico ufficiale».

La sentenza della Corte di cassazione n. 1929/2018

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