Amministratori

Danno erariale per il rimborso all'associazione di volontariato di spese non documentate

di Giuseppe Nucci

Il Comune non può rimborsare spese non documentate ad un’associazione di volontariato, indipendentemente dal fatto che i servizi siano stati effettivamente resi e che le relative spese siano inferiori ai costi di mercato.
È questo il principio affermato dalla sentenza n. 250/2017 della Corte dei Conti, Sezione per l’Emilia Romagna.

La convenzione
Un Comune affidava ad una associazione di volontariato alcuni servizi di gestione del verde pubblico in parchi e giardini comunali, ai sensi della L. n. 266/1991 e di una legge regionale.
Poiché nella convenzione era stato previsto il rimborso di spese non documentabili, la Procura erariale, pur evidenziando che i servizi erano stati effettivamente resi, individuava una responsabilità a carico del Sindaco e della Giunta per il fatto che dei funzionari comunali avevano corrisposto all’associazione il rimborso delle spese richieste, in assenza della documentazione giustificativa a comprova dell’effettivo sostenimento e per aver approvato tale clausola ritenuta contraria ai principi di contabilità pubblica che impongono la rendicontazione documentata delle spese che l’amministrazione rimborsa a terzi.

La sentenza
Il Collegio accoglieva parzialmente la richiesta della Procura e condannava solamente i funzionari comunali.
La Sezione regionale, infatti, affermava che la clausola della convenzione - contrariamente da quanto sostenuto dalla Procura - prevedeva, quale criterio ordinario, il rimborso delle spese documentate, e solo in via residuale e per importi marginali, ove le spese non fossero documentabili in modo specifico, il rimborso delle spese “su presentazione di apposita dichiarazione firmata dal Presidente dell’associazione”. Di conseguenza la domanda di condanna proposta nei confronti del Sindaco e dei componenti della Giunta risultava infondata in quanto la clausola, in realtà non consentiva un rimborso generalizzato delle spese non documentate e, conseguentemente, non contrastava con la normativa.
Al contrario, venivano condannati i funzionari comunali che – violando appunto la convenzione – avevano corrisposto somme in assenza della pertinente documentazione. Tali somme, infatti, non potevano essere corrisposte in assenza di un’adeguata rendicontazione, indipendentemente dal fatto che i servizi resi fossero o meno costati più del prezzo di mercato. Per questa ragione, peraltro, il Giudice non accoglieva neanche la richiesta dei convenuti di una CTU finalizzata a determinare quale sarebbe stato il costo sostenuto dal Comune se avesse affidato i servizi in appalto.
Tuttavia, confermata la sussistenza di tutti gli elementi che compongono la responsabilità amministrativa, il Collegio ha ritenuto di non imputare l’intero danno indicato in citazione, tenuto conto dell’utilità comunque conseguita dalla collettività amministrata dal Comune a seguito dei servizi comunque resi e nonché della complessiva condotta del convenuto, realizzata con l’intento di perseguire l’utilità collettiva, senza alcuna finalità egoistica.
Tali circostanze, benché non idonee ad elidere completamente il danno arrecato al Comune, sono state comunque ritenute rilevanti per determinare una riduzione del danno risarcibile.

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