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Sul patrocinio legale il consiglio nazionale forense respinge l’obbligo di gara indicato dall’Anac

di Vincenzo Giannotti

Sollecitato dall’Anac e coinvolto dal Consiglio di Stato (parere n. 2109/2017) quale ente pubblico di rappresentanza istituzionale dell'avvocatura italiana, il Consiglio nazionale forense prende posizione in merito allo schema delle linee guida sull'affidamento dei servizi legali prima dell’adozione finale. Il parere reso dal Consiglio nazionale forense, si sofferma, in particolare, sull'affidamento degli incarichi di patrocinio legale che secondo l'Anac non possono essere affidati come se si trattasse di un incarico intuitu personae, dovendo invece seguire alcune regole minime, espresse dai principi generali individuati dall'articolo 4 del Dlgs 50/2016 ovvero attraverso un esame comparativo delle proposte pervenute dai professionisti. A differenza dell'Autorità, il Consiglio ricostruisce la normativa comunitaria e quella italiana per giungere alla conclusione che questi incarichi conservano ancora oggi una matrice di scelta spiccatamente fiduciaria tale da richiedere all'Autorità una espressa modifica sul punto delle linee giuda.

La posizione dell'Anac
L'affidamento degli incarichi di patrocinio legale, secondo l'Anac, dovrebbe essere svolto attraverso un esame comparativo delle proposte presentate, per i seguenti due rilevanti motivi:
a) il primo rintracciabile in via diretta dai principi europei che hanno ormai superato la precedente distinzione tra contratto d'opera professionale e appalto facendo di fatto rientrare anche la difesa in giudizio tra le regole degli appalti. I giudici comunitari hanno, infatti, precisato come «la nozione comunitaria di appalto e molto lata e ben più ampia della nozione italiana, come desunta dal codice civile», tanto che secondo il legislatore europeo non opera «alcuna distinzione tra incarico singolo e occasionale, eseguito dal professionista con lavoro prevalentemente proprio (senza una necessaria organizzazione) e incarico di assistenza e consulenza giuridica eseguita con organizzazione di mezzi e personale». A questo indirizzo si sarebbe uniformata anche la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione V, n. 2730/2012) distinguendo le prestazioni rese con organizzazione e prestazioni rese senza organizzazione;
b) il secondo motivo concerne il fatto che i patrocini legali, pur se inseriti, unitamente ai servizi legali, tra i contratti esclusi dal codice, sono in ogni caso sottoposti ai principi generali dell'economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità. Proprio dal principio di economicità si ricaverebbe, secondo l'Autorità, un vincolo alla valutazione comparativa di due o più preventivi, mentre dal principio di imparzialità si trae la regola che postula una valutazione equa e imparziale dei concorrenti e quella per cui l'appalto sia aggiudicato in conformità a regole procedurali fissate all'inizio. Inoltre, dal principio di trasparenza deriva l'esigenza di garantire un adeguato livello di conoscibilità delle procedure di gara, dal principio di proporzionalità l'imposizione a formulare requisiti di partecipazione proporzionati e, infine, dal principio di pubblicità la necessità di inserire un avviso pubblico sul sito istituzionale della stazione appaltante.
Per questi motovo l'Autorità conclude con l'assoggettamento a una serie di regole che formano, nella sostanza, un classico procedimento di gara per la selezione del contraente della Pa.

Le indicazioni del Consiglio nazionale forense
Il Consiglio confuta le tesi dell'Autorità che escludono, per l'affidamento dei servizi di patrocinio legale, il carattere spiccatamente fiduciario, partendo proprio dai principi comunitari. Gli articoli 10 (direttiva 2014/24/Ue) e 21 (direttiva 2014/25/Ue) hanno isolato gli incarichi di assistenza in giudizio, quelli di assistenza comunque collegata o collegabile a un giudizio e quelli connessi all'esercizio di pubblici poteri, allo scopo di escluderli completamente dall'applicazione della disciplina sugli appalti e, segnatamente, dai procedimenti di evidenza pubblica. Da queste indicazioni discende, rispetto al passato, che il legislatore europeo ha voluto chiarire il fatto che alcuni rapporti tra amministrazione e avvocato sono asseritamente contrassegnati dall'intuitus personae e dal tratto fiduciario, sicché sono necessariamente aperti alla scelta diretta e non possono essere irrigiditi nell'insieme di regole che formano il corpo dei cosiddetti procedimenti a evidenza pubblica (considerato n.25 direttiva comunitaria). Proprio queste indicazioni fornite dalle direttive europee collimano in modo inscindibile con le indicazioni dei giudici amministrativi (Consiglio di Stato, sezione V, 11 maggio 2012, n. 2730) richiamate dall'Autorità. Infatti, la rappresentanza in giudizio, il rapporto di mandato, la potenziale proiezione processuale di una certa attività legale sono ciò che fa di una prestazione qualcosa di infungibile, di personale e strettamente fiduciario, di non predeterminabile, di non confrontabile sulla base di giudizi comparativi ne tantomeno di formule matematiche.
Avuto, pertanto, riguardo ai principi enunciati dall'Autorità esse si realizzano con il rispetto delle regole generali dell'azione amministrativa e, in particolare:
• il fatto che non sia imposta una gara, come modello di scelta dell'avvocato, non esclude ovviamente che la Pa debba fare una scelta oculata, in linea ad esempio con i principi di efficienza, efficacia ed economicità, e dandone conto con apposita motivazione;
• l'acquisizione del curriculum dell'avvocato e l'indicazione del perché a esso ci si rivolge sono peraltro anche presidi di trasparenza amministrativa, per certi aspetti persino superiori a quelli assicurati dalla gara, per quanto semplificata essa sia.

Conclusioni
Il Consiglio conclude esortando, pertanto, l'Autorità a tenere conto delle indicazioni formulate, al fine di rendere coerenti le proprie linee guida alla natura dell'incarico fiduciario. In altri termini, secondo il Consiglio, il prodotto della prestazione che l'amministrazione si attende dall'avvocato è inidoneo e incompatibile con la comparazione tipica delle gare, poiché quando all'avvocato si chiede una “idea” per lo sviluppo della difesa in giudizio, con l'autonomia tipica che al mandatario con rappresentanza è lasciata, non si acquista un bene fungibile, suscettibile di “rotazione” o di “estrazione a sorte”, bensì un prodotto che è prescelto sulla base di uno spiccatissimo intuitus personae e di una fiducia il cui spessore è commisurato, tra l'altro, alla responsabilità professionale di cui l'avvocato si fa carico.

Il parere del Consiglio nazionale forense

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