Amministratori

Salta la vendita delle quote Eni ed Enav

Il capitolo privatizzazioni per il 2017 resta chiuso. L’operazione di cessione del 50,37% di Enav e del 3,3% di Eni alla Cassa depositi e prestiti, ipotizzata nelle scorse settimane dal ministero per l’Economia, non può proseguire. I tecnici del dicastero di via XX Settembre non possono fare altro che prendere atto dell’impossibilità di andare avanti sul percorso, a meno di non incorrere nel rischio di un intervento ex post da parte di Eurostat che riclassifichi la Cdp, mettendone in discussione lo status di istituzione finanziaria esterna alla Pubblica amministrazione i cui bilanci non impattano sul deficit e sul debito nazionale.
La vicenda, come anticipato da IlSole24Ore nei giorni scorsi, è emersa a seguito della richiesta di un parere da parte del ministero alla Banca d’Italia, che assieme all’Istat, è una delle istituzioni di cui si avvale Eurostat per elaborare le sue valutazioni sui bilanci pubblici nazionali. Quello che il dicastero ha appreso dalla valutazione di Bankitalia è che Eurostat negli ultimi mesi sta applicando in maniera più restrittiva i principi su cui basa la sua azione. Un approccio che sta evolvendo verso una lettura più rigorosa delle operazioni che vengono condotte dalle articolazioni societarie degli Stati membri dell’Unione, e in particolare dei soggetti equiparabili alla Cdp presenti negli altri paesi. Da questo punto di vista sotto osservazione sarebbe anche l’operato delle tedesca Kfw, che ha emesso sul mercato obbligazioni per un valore decisamente superiore rispetto a quanto fatto dalla Cassa e la cui riclassificazione all’interno del bilancio pubblico della Germania potrebbe creare problemi non indifferenti.

Le ipotesi italiane
Per quanto riguarda il caso italiano, le privatizzazioni prospettate in queste settimane presentavano comunque alcune diversità non secondarie rispetto a cessioni similari fatte in passato, come la vendita di Sace o Fintecna, e che avevano avuto il placet europeo. Il passaggio di proprietà dal Mef alla Cdp delle quote di Enav ed Eni sarebbe avvenuto mantenendo in capo al dicastero la governance delle due società, garantita con i pacchetti azionari residui dell’1 per cento di Eni e del 3% di Enav, e che in estrema sostanza lasciano in capo al governo il diritto di decidere le nomine nei consigli di amministrazione. Da qui l’impasse. L’obiezione presentata da Banca d’Italia è stata una sorta di messa in guardia preventiva a fronte di un giudizio che Eurostat esprime solo ex post, cioè una volta che le operazioni sono state perfezionate. L’istituto di via Nazionale ha fatto presente che o l’incasso della vendita, atteso attorno a 2,8 miliardi, non veniva utilizzato per ridurre il debito pubblico (ma la legge italiana obbliga l’uso di quei proventi per l’abbattimento dello stock del debito pubblico) oppure il rischio di una riclassificazione della Cdp sarebbe divenuto tutt’altro che remoto.

Possibili conseguenze
L’inevitabile marcia indietro sull’operazione di fronte a tali prospettive finisce ora per scaricare sul prossimo governo una pesante eredità. Quando, nella primavera prossima, Bruxelles stilerà le pagelle sui conti pubblici degli Stati non potrà che constatare la mancanza del rispetto degli impegni sul debito pubblico presi dallo Stato italiano. Sarà più difficile invocare flessibilità e il rischio che la pressione per una rapida riduzione dello stock, che ha superato abbondantemente i 2 mila miliardi, si faccia più forte è molto alto. Un percorso che camminerà di pari passo con un altro tema che non solo a livello europeo, ma anche a livello globale, si sta cominciando a sollevare: quello relativo alla ponderazione dei titoli di Stato nei bilanci delle banche. Un giro di vite dei requisiti prudenziali (già esaminato dal Comitato di Basilea) costringerebbe le banche dei paesi ad alto debito e basso rating a fare importanti accantonamenti a fronte di titoli pubblici del proprio paesi posseduti. E questo spingerebbe gli istituti di credito a cederli, con conseguente maggiore difficoltà per gli Stati di mandare a buon fine le aste per rifinanziare il debito stesso.

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