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Su Ema un gioco di squadra come non si vedeva da anni

Diciamoci la verità: Milano e l’Italia una partita l’hanno già vinta. Quella della credibilità e della serietà. La candidatura italiana alla ricollocazione della sede della European Medicines Agency (Ema) è stata presentata, e viene tutt’ora portata avanti, con grande impegno e con un’inusitata convergenza di pubblico e privato, che prescinde da campanili, colori politici, appartenenze o interessi settoriali. Le iniziative che si susseguono per sostenere la candidatura, a diversi livelli e non solo per le vie diplomatiche all’interno delle cancellerie europee, sono encomiabili. Penso anche all’impegno massiccio di alcuni imprenditori, che non lesinano di mettere a disposizione mezzi propri per un fine più alto che il ritorno immediato degli utili per la propria impresa.

Il gioco di squadra
Siamo di fronte a un raro esempio di gioco di squadra che non si vedeva da anni: il paragone con la success story di Expo 2015 è più che legittimo.
Tutto questo sta avvenendo perché si è partiti, anche se un po’ in ritardo nei confronti di alcuni concorrenti, con il piede giusto, anzi giustissimo.
Il dossier di candidatura, grazie anche all’operato del professor Moavero Milanesi, era già ottimo in partenza e ha convinto tutti da subito che si stavano facendo le cose seriamente.
La messa a disposizione, da parte del Governatore Maroni, del Pirellone si è rivelata fin da subito una mossa tanto clamorosa quanto di grande efficacia: non c’è alcun dubbio che a oggi sarebbe la sede fisica più prestigiosa e funzionale (anche perché quella di altri titolati candidati è solo sulla carta).

Le candidature
La presentazione ufficiale a Bruxelles, come ho avuto il piacere di constatare di persona, che ha occupato una serata e la successiva mattinata, è stata definita da alcuna stampa la più imponente tra tutte le candidature.
Sono poi accadute alcune cose importanti che ricordo in ordine sparso. Innanzitutto, il confronto con le altre candidature ha provato il primato di Milano rispetto alla stragrande maggioranza dei concorrenti. L’Ema stessa ha autorevolmente fatto emergere tale primato pubblicando il proprio assessment delle candidature e lì Milano figurava tra le prime tre contendenti. I dipendenti dell’agenzia, con una consultazione interna, hanno collocato Milano al quarto posto di gradimento come nuovo luogo di lavoro. Il direttore della prestigiosa rivista «Lancet» ha pubblicato un’editoriale di sostanziale supporto della nostra candidatura, sottolineando come l’Italia meriti maggior considerazione di altri paesi sotto il profilo morale (per la continua opera di assistenza ai profughi africani) e medico. Una delle più temute rivali, Barcellona, ha compiuto il suicidio perfetto. Altre candidate non hanno dato risposta alle rassicurazioni richieste dal direttore dell’agenzia Rasi sul rispetto dei diritti della comunità LGBT nei loro paesi.
Il dipanarsi degli eventi di queste ultime settimane, insomma, sembra aver rafforzato vieppiù la candidatura di Milano. E questo ha certamente contribuito a rafforzare la spinta dei tanti che si sono messi in gioco in questa difficile contesa, anche se inizialmente erano sembrati titubanti, come il Sindaco Sala che nelle ultime settimane si sta spendendo molto e in prima persona.

Il confronto con Amsterdam
Ad oggi, sembra che Milano se la debba vedere solo con Amsterdam, in primis, e forse con Vienna e Copenhagen, mentre Bratislava appare ancora competitiva. È palese, però, che il capoluogo meneghino, e il nostro paese intero, vantino un contesto industriale (siamo la prima nazione europea per produzione farmaceutica conto terzi, e la seconda in assoluto), tecnico e scientifico neppure comparabile a quello dei concorrenti. E ciò, anche al netto della futura realizzazione di Human Technopole nell’ex area Expo e della Città della Salute a Sesto San Giovanni, che saranno catalizzatori di nuove eccellenze tecniche e scientifiche. È certo, quindi, che a Milano, molto più che altrove, l’Ema possa trovare quell’humus di sapienze e conoscenze così importante per la propria attività.
Tutto questo, tuttavia, non basterebbe ad assicurare la vittoria in una gara che, anche a cagione del complicatissimo meccanismo di voto che si terrà in seno al Consiglio Affari Generali il 20 novembre (salvo sorprese), sarà dominata da promesse, scambi di favori, rassicurazioni e impegni sotto banco tra gli stati membri (diciamolo pure, Italia inclusa) che nulla hanno a che fare con la ponderazione della scelta migliore.

Tra le priorità del governo
In questo contesto, ciò che mi rende ottimista è aver constatato che la promessa del presidente Gentiloni, resa anche attraverso un’intervista a questo giornale lo scorso luglio («Ce la giochiamo per vincere, non per partecipare»), è stata mantenuta. Il Presidente ha messo veramente l’Ema nella sua agenda di priorità, cosa né banale né scontata anche in ragione dell’incerto clima politico attuale. E lo ha fatto in Parlamento, al cospetto dei rappresentanti del popolo italiano, prima di partecipare al Consiglio Europeo di metà ottobre, criticando il (malinteso e inappropriato) criterio di equa ripartizione delle agenzie tra i paesi membri. Poi, a quanto risulta dalle cronache politiche, negli incontri a latere del Consiglio stesso. Così facendo, mi sembra che il premier si sia impegnato a non cedere alle lusinghe di pur allettanti monete di scambio che dovessero essere offerte all’Italia per dar via libera ad altri candidati. Registriamo, con soddisfazione, questo impegno.
Ecco: oltre ai meriti tecnici, bisognava calare nella contesa tutto il peso politico che l’Italia può esprimere. Ed è avvenuto. La partita è ancora lunga da giocare, e occorre che lo sforzo politico e diplomatico continui indefesso e senza tentennamenti.

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