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Le Regioni non possono derogare ai parametri statali di tutela dell'ambiente

di Michele Nico

La procedura di screening a difesa dell'ambiente prevista dalla disciplina nazionale in attuazione degli obblighi comunitari ha carattere imperativo che non può essere minimamente attenuato per effetto della potestà legislativa connessa all'esercizio dell'autonomia regionale. Il principio è stato ribadito dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 218/2017, ha riconosciuto la fondatezza dei dubbi sollevati dal Consiglio di Stato, ha dichiarato incostituzionale la legge della Regione Veneto n. 10/1999 in materia di valutazione d'impatto ambientale dove esclude dalla procedura di screening le strade extraurbane secondarie di lunghezza pari o inferiore a 5 km (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 23 ottobre).

Caso e precedenti
La Consulta ha rilevato che il disposto censurato confligge con l'articolo 23, comma 1, lettera c), del Dlgs 152/2006 che prevede l'assoggettamento alla procedura di Via per i progetti di strade extraurbane secondarie a prescindere dalle loro dimensioni, invadendo illegittimamente la competenza esclusiva del legislatore statale in materia di tutela dell'ambiente in base all’articolo117, comma 2, lettera s), della Costituzione.
I giudici aggiungono, a sostegno della decisione, che molte sentenze della Corte di Giustizia europea affermano che gli Stati membri non possono esercitare la loro discrezionalità nell'identificare criteri e soglie di esenzione alla procedura di assoggettamento alla verifica di valutazione di impatto ambientale che siano fondati esclusivamente sulle dimensioni dei progetti.
D'altra parte, in linea con questo orientamento la Corte costituzionale, con la sentenza n. 93/2013, si era già pronunciata in maniera analoga dichiarando l'illegittimità costituzionale legge della Regione Marche n. 3/2012, nella parte in cui la normativa individuava motu proprio i criteri per identificare i progetti da sottoporre a Via regionale o provinciale, senza tenere conto delle indicazioni contenute nella direttiva n. 2011/92/Ue.
Da ciò emerge che la procedura di screening a difesa dell'ambiente prevista dalla disciplina nazionale in attuazione degli obblighi comunitari ha carattere imperativo, che non può essere minimamente attenuato per effetto della potestà legislativa connessa all'esercizio dell'autonomia regionale. E questo perché la limitata lunghezza dei percorsi viari non esclude una loro rilevanza ai fini di un eventuale impatto ambientale, che ben può essere compromesso dalla costruzione di un tratto stradale anche se di modeste dimensioni.

La materai «trasversale»
Va notato che gli effetti giuridici della pronuncia sono resi più complessi dalla circostanza che l'abrogazione ha una valenza temporale predeterminata, nel senso che la censura scatta a decorrere dal 31 luglio 2007, data in cui è venuto a scadere il termine di adeguamento degli ordinamenti regionali alle disposizioni della parte seconda del codice dell'ambiente.
Sotto il profilo del riparto dei poteri tra lo Stato e le Regioni, secondo quanto prescritto dal titolo V della Costituzione dopo la riforma del 2001, la Corte ha ritenuto che la tutela dell'ambiente non possa identificarsi con una materia in senso stretto, ma deve essere intesa come un valore costituzionalmente protetto, che integra una sorta di «materia trasversale».
Il carattere trasversale della materia implica di per sé l'esistenza di competenze che ben possono essere regionali, con l'effetto che allo Stato rimane riservato «il potere di fissare standards di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali» (sentenza della Consulta n. 407/2002).
Con la pronuncia in esame, il giudice delle leggi rileva però che alle Regioni non è consentito «apportare deroghe in peius rispetto ai parametri di tutela dell'ambiente fissati dalla normativa statale, essendo ad esse consentito soltanto eventualmente di incrementare i livelli della tutela ambientale, senza però compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato».
Viene così ribadito un limite invalicabile per l'esercizio dell'autonomia regionale, che nel campo della tutela ambientale – stante l'importanza annessa a tale materia – deve attenersi scrupolosamente ai principi della legislazione nazionale e ai corrispondenti obblighi del diritto comunitario.

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