Amministratori

Sul terzo acquirente gli effetti della confisca per lottizzazione abusiva solo in caso di condotta colposa

di Alessandro V. De Silva Vitolo

La posizione del terzo acquirente “comune cittadino”, non disponendo, di regola, delle cognizioni necessarie ad eseguire in proprio le verifiche necessarie al momento dell’acquisto di beni, deve essere valutata, dall’amministrazione procedente, caso per caso, verificando se in capo a questi possa ascriversi la violazione delle normali regole di diligenza. È quanto afferma il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza n. 4394/2017.

Il caso
La vicenda trae origine da un permesso di costruire rilasciato ad una società di costruzioni da parte di un Comune campano. Le opere ivi costruite erano state oggetto di un provvedimento di demolizione, previa acquisizione al patrimonio comunale, sul presupposto che fosse in corso una lottizzazione abusiva. Nel frattempo gli immobili erano stati oggetto di compravendita tra taluni soggetti privati e la suddetta società, con destinazione abitativa.
L’ordinanza che disponeva la confisca, con i relativi oneri e le relative sanzioni, è stata rivolta altresì nei confronti dei soggetti compratori degli immobili. Avverso tale provvedimento è insorto uno dei soggetti privati destinatari, contestando dinnanzi al Tar, la legittimità del provvedimento poiché questi aveva acquistato l’immobile in buona fede, atteso che non avrebbe potuto ritenere esistente una lottizzazione abusiva, avendo stipulato un valido atto notarile, nonché avendo ottenuto alcuni finanziamenti da istituti bancari che hanno effettuato anch’essi accertamenti professionali prima di concedere la somma richiesta.
Il Tar, riconoscendo la lottizzazione abusiva, aveva rigettato il ricorso ritenendo che le relative sanzioni andassero altresì a gravare sugli attuali proprietari, pur se costoro, acquirenti in buona fede degli immobili, erano estranei alle opere e agli atti mediante i quali la lottizzazione è stata realizzata.
Il Consiglio di Stato adito ha ribaltato tale statuizione ammettendo che gli effetti dei provvedimenti di confisca urbana non possano riverberarsi sulla situazione soggettiva di un terzo acquirente. In particolare il Consiglio di Stato ha dato rilevanza non già alla “buona fede soggettiva”, bensì alla diligenza del terzo acquirente, intesa come declinazione del concetto di colpa. In linea generale, pertanto, dato che la natura dell’affare in esame presupponeva l’attività materiale di un notaio, è stata necessaria un’analisi specifica volta all’accertamento dell’assenza o meno della colpa del terzo acquirente che, di regola, non possiede le cognizioni necessarie per eseguire in proprio le verifiche.
Non ritenendo sussistente, nel caso de quo, il profilo della colpa, il Consiglio di Stato ha provveduto ad annullare il provvedimento impugnato.

La decisione
Il Consiglio di Stato si è, dunque, interrogato sui casi in cui un terzo acquirente non possa, per la sua situazione soggettiva, subire la “confisca”.
Il Collegio ha chiarito preliminarmente che, nonostante si faccia normalmente riferimento al “terzo acquirente di buona fede”, la regola di condotta che viene in rilievo è quella della diligenza, quale declinazione della nozione di colpa. Il terzo deve, pertanto, tenere una condotta concreta conforme alla condotta tipica che delinea l’atteggiamento che è necessario osservare da un agente modello che opera in tale settore.
Nell’effettuare tale indagine occorre tenere conto del fatto che nelle vicende, quale quella in esame, si inserisce normalmente la figura del notaio che provvede a redigere l’atto di acquisto, non disponendo il comune cittadino «di regola delle cognizioni necessarie ad eseguire in proprio» le verifiche necessarie al momento dell’acquisito di beni. In questo contesto occorre, pertanto, analizzare la posizione soggettiva del terzo acquirente che si rivolge al notaio per l’acquisto di un bene immobile inserito nell’ambito di una lottizzazione materiale.
Da un lato, deve escludersi che egli possa considerarsi “sempre in colpa” per violazione di norme imperative che impongono obblighi di condotta. Dall’altro lato, deve escludersi che il terzo non sia “mai in colpa” per il fatto di essersi affidato ad un notaio, in quanto «l’intervento del notaio non garantisce una sorta di “ripulitura giuridica” della originaria illegalità dell'immobile abusivo» (così Cass. pen. n. 51710 del 2013).
La regola giuridica da applicare, dunque, alla luce della giurisprudenza costituzionale ed europea, è quella di mezzo. Vale a dire effettuare una “indagine casistica” per verificare se, nel caso concreto, sussista o meno una condotta colposa dell’acquirente. Considerando altresì che, venendo in rilevo una “sanzione penale” l’onere di provare la sussistenza di tale condotta incombe in capo all’amministrazione pubblica.

Conclusioni
Nella fattispecie in esame, il Consiglio di Stato ha ritenuto pacifico che l’abuso era stato realizzato dalla società costruttrice del complesso immobiliare. Il terzo acquirente, nel caso in esame, si è limitato ad acquistare una delle abitazioni così costruite per il proprio uso e, pertanto, il Collegio non ha ritenuto sussistente il profilo della colpa in capo ad esso, provvedendo così all’annullamento della ordinanza impugnata, non contendo alcuna motivazione sulla responsabilità del destinatario.

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