Amministratori

L'accesso ai documenti deve essere motivato

di Solveig Cogliani

È del richiedente l’accesso documentale l’onere di fornire adeguata motivazione dell’istanza, affinché l’Amministrazione possa verificare l’effettiva sussistenza delle condizioni di legge per l’ostensione; non potendo gravare sull’Amministrazione il dovere di farsi parte diligente per individuare, con apposita istruttoria, le eventuali ragioni fondanti l’istanza medesima. È quanto afferma il Consiglio di Stato, sezione V, n. 4346/2017.

Il caso
Il Consiglio di Stato respinge l’appello proposto per la riforma della sentenza del Tar Lazio, Sezione II, n. 4163 del 2016, con cui il Tribunale amministrativo aveva rigettato il ricorso, presentato dalla società  proprietaria di un complesso immobiliare destinato alla sistemazione abitativa di famiglie aventi diritto ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, avverso il diniego di ostensione rivolto ad ottenere copia dei contratti a campione di sublocazione stipulati dal Comune con gli occupanti degli immobili di proprietà.
Assumeva la società richiedente – che, peraltro, aveva esercitato il suo diritto di recesso dal contratto di locazione – che, avendo dato per presupposto che gli immobili continuassero ad essere destinati alla sistemazione alloggiativa predetta e rimanendo gli immobili occupati – aveva interesse ad usufruire dell’opportunità di avvantaggiarsi di benefici fiscali previsti per gli alloggi sociali, dall’art. 13, co. 2, lett. b), del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 e dall’art. 13, comma 1, lett. d) del Regolamento in materia di imposta unica comunale.

La decisione
Il Consiglio di Stato – confermando la sentenza di primo grado e richiamando la costante giurisprudenza – ha affermato che l'accesso documentale non si configura come un'azione popolare e, pertanto, deve essere motivato (ai sensi dell’articolo 25, legge n. 241 del 1990), indicando i presupposti di fatto e l'interesse specifico, concreto ed attuale che lega il documento alla situazione giuridicamente rilevante.

I diversi tipi di accesso
La complessità del sistema è stata oggetto di disamina da parte del Consiglio di Stato (Sezione IV, sentenza n. 3631 del 2016) che ha avuto, peraltro, modo di puntualizzare i diversi presupposti che connotano i casi di cosiddetto «accesso civico» in base all’articolo 5 del Dlgs n. 33 del 2013 (novellato con il Dlgs n. 97 del 2016) rispetto all’accesso documentale di cui alla legge n. 241 del 1990 – che costituisce il parametro normativo di riferimento nel giudizio preso in esame – con riguardo sia alle ipotesi di  partecipazione di un soggetto ad un procedimento amministrativo o ad un processo amministrativo già in atto, sia alle ipotesi nelle quali l’accesso riguardi documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.
Si è, dunque, posto in evidenza che il diritto d’accesso, ai sensi della legge n. 241 del 1990, agli atti amministrativi non è connotato da caratteri di assolutezza e soggiace alla disamina della posizione legittimante del richiedente, il quale deve dimostrare un proprio e personale interesse (non di terzi, non della collettività indifferenziata) a conoscere gli atti e i documenti richiesti.

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