Amministratori

Concussione per il sindaco che costringe l'assessore a esprimere un voto favorevole

di Andrea Alberto Moramarco

Il sindaco che costringe, abusando del suo potere, gli assessori comunali a esprimere un voto favorevole per l'inserimento in giunta di un tecnico a lui fedele commette il reato di concussione. In tal caso, infatti, si configura un uso distorto delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo da parte del sindaco, non finalizzato cioè al perseguimento dell'interesse della comunità locale ma di interessi personali e particolari del primo cittadino. Ad affermarlo è la Cassazione con la sentenza n. 35901, depositata ieri.

La vicenda
La decisione della Suprema corte riguarda un sindaco di un Comune siciliano accusato di concussione per aver costretto la sua giunta comunale ad esprimere un voto favorevole all'assunzione al di fuori della dotazione organica di un tecnico di fiducia - ugualmente coinvolto nel procedimento penale per altri reati assieme al primo cittadino - quale nuovo capo dell'Ufficio tecnico comunale, verosimilmente in vista dell'approvazione del nuovo piano regolatore del Comune. Tale accusa era fondata sulla deposizione di uno degli assessori, al quale il sindaco aveva minacciato di revocare la delega assessoriale con conseguente estromissione dalla giunta nel caso in cui lo stesso assessore avesse votato contro la mozione. In sostanza, il sindaco aveva posto alla giunta una sorta di aut aut, ovvero di votare nel senso da lui indicato o di dimettersi.

La decisione
Dopo le decisioni di merito, entrambe di condanna per il primo cittadino, la Cassazione conferma il verdetto dichiarando inammissibili i motivi di ricorso presentati dall'ex sindaco, soffermandosi sul tema del potere di revoca della delega assessoriale da parte del sindaco e il rapporto fiduciario che deve intercorrere tra assessori e primo cittadino. I giudici di legittimità affermano che rientra pienamente tra i poteri del sindaco quello di revocare la delega al singolo assessore, sulla base delle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa che sono rimesse al primo cittadino. Tuttavia, precisa la Corte, tale potere «non può trasmodare in una sorta di prerogativa arbitraria, da utilizzare all'occorrenza per regolare i conti con esponenti politici sgraditi, a tutto detrimento dei requisiti minimi di stabilità della giunta comunale e delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo nei confronti dell'amministrazione locale». Ciò vale a dire, secondo la Cassazione, che la revoca di un assessore può certamente basarsi su ragioni riguardanti i rapporti politici all'interno della maggioranza, posto che deve sempre sussistere il rapporto fiduciario tra sindaco e assessori, ma tale potere, seppur discrezionale, «non può essere asservito al perseguimento di uno scopo diverso da quello pubblicistico».
Ciò posto, per la Corte, la minaccia da parte del sindaco di utilizzare abusivamente un potere di natura politico-amministrativa a sua disposizione costituisce a tutti gli effetti uno strumento di pressione volto all'ottenimento di un indebito vantaggio, in quanto tale integrante il delitto previsto dall'articolo 317 del codice penale.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 35901/2017

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