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Definizione delle liti tributarie, per gli enti territoriali regole entro fine agosto

La definizione delle liti pendenti si estende a tutti i ricorsi notificati entro il 24 aprile scorso e a quelli che coinvolgono glienti territoriali. Per questi ultimi, occorre però un atto a contenuto normativo da adottarsi entro la fine di agosto.

Ambito oggettivo e soggettivo

Per effetto delle modifiche introdotte con la legge di conversione del Dl 50/17, sono definibili tutte le controversie contro l’agenzia delle Entrate per le quali il ricorso sia stato spedito o consegnato entro il 24 aprile 2017. Si ritiene che rientrino anche quelle in fase di reclamo/mediazione a tale data. Questo perché, a decorrere dallo scorso anno, il reclamo è introdotto direttamente dal ricorso. Deve trattarsi di liti in cui la controparte è l’agenzia delle Entrate. A stretto rigore, quindi, dovrebbero essere esclusi i ricorsi contro l’agente della riscossione, a meno che non si intenda riferirsi ai procedimenti in cui le Entrate sono parte del rapporto tributario sostanziale, piuttosto che processuale. Dovrebbero, in ogni caso, rientrare nella previsione legislativa tutte le controversie per le quali, al 24 aprile scorso, l’agenzia delle Entrate sia stata chiamata in causa dal giudice, per effetto dell’articolo 39, Dlgs 112/99. In forza di tale disposizione, quando il ricorso proposto contro Equitalia contiene contestazioni afferenti all’operato delle Entrate, l’agente della riscossione deve chiamare in giudizio quest’ultima, altrimenti risponde delle conseguenze. Sono definibili tutte le controversie pendenti in qualsiasi stato e grado di giudizio. Di contro, non possono beneficiare delle agevolazioni di legge le liti già chiuse con sentenza passata in giudicato entro il 24 aprile scorso e quelle con pronuncia definitiva alla data di presentazione della domanda di definizione. Gli enti territoriali (Regioni, Province e Comuni) possono recepire la disciplina in esame, con riferimento ai procedimenti di cui essi siano parti, con provvedimento da adottarsi entro il 31 agosto prossimo.

Il costo della sanatoria

Il vantaggio della definizione consiste nell’azzeramento di sanzioni e interessi maturati a partire dal 61esimo giorno successivo a quello di notifica dell’atto impugnato. Vanno invece pagati per intero i tributi pretesi nell’avviso originario, senza che rilevino in alcun modo le sentenze intervenute medio tempore. In caso di lite avente ad oggetto solo le sanzioni e gli interessi, la definizione richiede il pagamento del 40% dell’importo irrogato. Se però le sanzioni sono collegate al tributo e il rapporto relativo a quest’ultimo è stato definito in qualsiasi modo, le sanzioni sono azzerate. Ne consegue che se il contribuente ha impugnato un avviso di accertamento prestando acquiescenza all’importo delle imposte e contestando le sanzioni, con la definizione non paga nulla. Dalle somme dovute si detraggono gli importi versati nel corso del giudizio. La sanatoria tuttavia non consente mai la restituzione di eventuali eccedenze pagate, rispetto al quantum della definizione. Ne consegue che se il contribuente ha già pagato tutto, non avrà interesse ad aderire alla procedura. Inoltre, considerato il meccanismo di legge, non rientrano nella definizione le liti che hanno ad oggetto il rimborso di tributi o anche questioni che non si risolvono direttamente in una pretesa di maggiori imposte (ad esempio, liti contro le rendite catastali).

La procedura

La definizione si perfeziona con la presentazione di una istanza entro il 30 settembre prossimo, corredata dal pagamento di un importo pari al 40% del totale ovvero, per somme non superiori a 2mila euro, dell’intero ammontare dovuto. In caso di versamento rateale, le altre due rate scadono a fine novembre, per l’ulteriore 40%, e a fine giugno 2018, per il residuo 20%. Sono richiamate le regole del pagamento rateale dell’accertamento con adesione. Questo significa che, in virtù del lieve inadempimento (articolo 15 ter, Dpr 602/73), è valida la definizione in caso di pagamento della prima o unica rata con ritardo non superiore a sette giorni e/o in misura insufficiente per un valore non superiore al 3% della rata, comunque non maggiore di 10mila euro. Inoltre, nell’ipotesi di versamento tardivo della seconda rata oltre il termine della terza, fermo restando il perfezionamento della procedura, la rateazione decade ed è dovuta la sanzione aggiuntiva del 45% del tributo residuo. L’Ufficio notifica l’eventuale diniego di definizione entro il 31 luglio 2018.

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