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Ordine di rimozione per occupazione abusiva solo per gli immobili pubblici

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di Michele Nico

In caso di dubbio l'ordine di rimozione per occupazione abusiva del suolo pubblico non può prescindere dal previo e puntuale accertamento della proprietà pubblica dell'area, che costituisce sempre il presupposto logico per l'esercizio del potere regolamentare da parte della Pa.
Seguendo questo filo conduttore il Tar Lazio, Sezione II ter, con la sentenza n. 7093/2017 accoglie il ricorso del titolare di un esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande contro il provvedimento del Comune che, dopo aver accertato una irregolare occupazione nell'area antistante il proprio locale rispetto alla relativa concessione, ordina l'immediato ripristino dello stato dei luoghi.

La proprietà dell'area
In sede di giudizio il ricorrente evidenzia, tra i motivi di impugnazione, la sussistenza di una oggettiva incertezza sulla natura pubblica o privata dell'area, adducendo al riguardo che nel 2011 il Tribunale ordinario, trattando la causa promossa dal medesimo esercizio commerciale per contestare l'ordinanza comunale per la riscossione dei canoni Cosap, aveva accolto il ricorso contro l'ente locale per l'impossibilità di dimostrare la proprietà pubblica dell'area o comunque la servitù di passaggio.
Nonostante il dubbio su tali aspetti di carattere patrimoniale, l'ufficio del Comune non desiste dalla propria posizione e sostiene che, fino a quando non verrà accertata la natura giuridica dell'area in questione, non può che essere ribadita la legittimità dell'ordine di rimozione dell'occupazione abusiva, dacché realizzata senza titolo su un'area soggetta a libero transito.
Oltre a produrre una documentazione fotografica dei luoghi da cui emerge la loro palese destinazione a servitù di pubblico passaggio, l'ente aggiunge che, secondo notizie reperite presso gli archivi, l'area sarebbe di proprietà comunale.
Nell'esaminare la questione il collegio assegna un rilievo dirimente al principio secondo cui l'accertamento della natura dei luoghi deve precedere e non seguire l'ordine di rimozione dell'occupazione abusiva, perché in caso contrario l'ente pubblico finisce per cadere in una contraddizione logica che ne mina irreparabilmente l'operato.
Oltretutto, nella vicenda in esame è già intervenuto il Tribunale ordinario che si è pronunciato a favore di un sostanziale accertamento della natura privata dell'area antistante il locale pubblico interessato.

La decisione
Una simile decisione nega la sussistenza dei presupposti regolamentari per considerare l'occupazione dell'area come soggetta a concessione da parte dell'amministrazione comunale, e quest'ultima non è in grado di offrire al giudice elementi probatori in contrario.
A margine della pronuncia si può rilevare che la giurisprudenza è propensa ad accogliere una larga accezione del concetto di occupazione abusiva, dacché è considerata come tale non solo l'occupazione effettuata in mancanza di concessione comunale, ma anche quella difforme dalle disposizioni dell'atto di concessione o che si protrae oltre il termine di scadenza senza che sia intervenuto il rinnovo o la proroga della concessione stessa.
Tale interpretazione estensiva incontra però il suo limite assoluto e insormontabile nell'accertamento della natura del bene oggetto di concessione, trattandosi del presupposto che legittima l'esercizio stesso della potestà regolamentare da parte della Pa.

La sentenza del Tar Lazio n. 7093/2017

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