Amministratori

Alle comunali di domenica 4mila liste per 15mila posti

Per i partiti le elezioni amministrative di domenica prossima sono la prova generale delle politiche in via di anticipazione: il Pd guarda allora ai tentativi di riconferma di Leoluca Orlando a Palermo, il centrodestra prova a espugnare Genova dopo l’addio di Marco Doria, la Lega tenta la riconquista di Padova dopo il bisticcio con Forza Italia che ha azzoppato il primo mandato di Massimo Bitonci e l’agenda dei Cinquestelle, oltre a cercare di arricchire il carnet delle città guidate dal Movimento, ha il problema di Parma, dove Federico Pizzarotti prova la riconferma da “ribelle”. Ma le urne dell’11 giugno vanno assai oltre le questioni più o meno interessanti della politica nazionale.

I numeri
A dirlo sono i numeri. I 9,2 milioni di elettori nei 1.005 Comuni al voto alimenteranno la corsa a 15.548 posti nelle giunte e nei consigli locali, anche grazie alla riforma Delrio che ha rimpolpato un po’ gli organi politici dei municipi più piccoli mandando in soffitta sul nascere gli slanci più arditi delle spending review precedenti. Nella stragrande maggioranza dei casi, in effetti, non si tratta di poltrone ma al massimo di “sgabelli”, che nei piccoli Comuni offrono indennità da poco più di mille euro ai sindaci e gettoni da 15-20 euro ai consiglieri. Fatto sta che gli interventi “anti-casta” degli anni precedenti, attenti forse più ai numeri dei posti da tagliare che alla sostanza economica dei costi da risparmiare, si erano concentrati proprio sui mini-enti, arrivando addirittura a immaginare nel 2011 l’abolizione di giunte e consigli nei Comuni fino a mille abitanti. Tutto spazzato via dalla legge che ha legato il proprio nome al tentativo di superare le Province.

A contendersi le chance messe in gioco dal turno amministrativo sono 64.146 candidati, anche se per le giunte le decisioni arriveranno dopo. Gli assessori, infatti, possono essere esterni, scelti quindi fra chi non ha cercato oppure ottenuto un posto in lista: quando saranno scelti fra gli “interni”, invece, due posti saranno ovviamente occupati dalla stessa persona. Ma è anche l’arcobaleno dei colori che si contenderanno le vittorie nei Comuni a dimostrare che nonostante le attese dei big la politica nazionale avrà un ruolo tutto sommato secondario nelle decisioni degli elettori di domenica prossima. Tre liste su quattro, infatti, hanno insegne «civiche», non solo negli enti più piccoli dove la scomparsa delle reti territoriali dei grandi partiti ha ormai da anni fatto tramontare i simboli nazionali.

Il quadro politico delle città
La frammentazione è del resto la caratteristica principale del quadro politico offerto dalle città: in corsa ci sono 3.939 liste, cioè poco meno di quattro per Comune, un dato parecchio elevato se si considera che il 43% degli enti al voto non raggiunge i 3mila abitanti e vede quindi in genere il classico derby fra due liste e 843 amministrazioni, quindi l’83% dei centri interessati al voto, non arrivano a 15mila abitanti e vedono quindi ogni candidato sostenuto da un’unica lista. Solo un anno fa, quando le urne del 5 giugno 2016 coinvolsero 1.348 amministrazioni, le liste erano in proporzione il 10% in meno.
Ma basta un viaggio veloce fra i capoluoghi per rendersi conto del fenomeno. A Taranto i 10 candidati sono sostenuti da 32 liste, a Verona i simboli in corsa sono 24, a Lecce 23, a Pistoia 22 e ad Alessandria 21. Mentre la politica nazionale litiga sulle soglie di sbarramento della legge elettorale per “semplificare” il panorama parlamentare, quella delle città prepara in media un menu da 18 liste per Comune, e solo in pochi casi come L’Aquila, Belluno, Piacenza o Como si accontenta di poco più di dieci opzioni.
Tra i simboli nazionali, è ancora una volta quello dei Cinquestelle a rivelarsi il più presente; dopo un avvio in sordina legato alla mancanza iniziale di ramificazione sul territorio, i grillini sono ormai costantemente in cima alla classifica delle presenze, perché a differenza degli altri partiti evitano di annacquare il brand (forte) nei toni del civismo. Il Movimento corre in 181 Comuni, mentre il Pd si ferma a 134; a destra primeggia la Lega, con 123 presenze, seguita dalle 108 di Forza Italia e dalle 73 di Fratelli d’Italia.

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