Amministratori

Concorso per notaio, sui criteri di valutazione ampia discrezionalità della commissione d'esame

di Michele Nico

Secondo la normativa sull'ordinamento notarile, in sede di concorso per l'accesso alla professione la commissione esaminatrice gode della massima discrezionalità nel definire i criteri per valutare l'idoneità o inidoneità dei candidati, purché la griglia individuata non contenga concetti talmente vaghi e imprecisi da sconfinare nell'arbitrio.
In tale circostanza, infatti, vale il principio generale secondo cui una materia può ben essere sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo il caso che la fattispecie sia viziata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti.

Il ricorso
Sulla base di queste argomentazioni il Tar Lazio, Sezione I, con la sentenza n. 5869/2017 rigetta il ricorso avverso la mancata ammissione alle prove orali di un partecipante al concorso per 200 posti di notaio.
Si tratta di un ricorso articolato, che giunge a contestare la legittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 7, del Dlgs n. 166/2006 (norme in materia di concorso notarile) per violazione dei principi di buona amministrazione ex articolo 97 della Costituzione.
Sul punto, il collegio liquida in poche righe l'obiezione di eccesso di potere del legislatore per violazione del principio di coerenza interna, mentre dedica invece ampio spazio alla censura dell'operato della commissione d'esame, per il fatto che questa avrebbe individuato una griglia di criteri vaghi e imprecisi per valutare la preparazione dei candidati.

I criteri di valutazione
Secondo il ricorrente, la commissione sarebbe incorsa in una erronea applicazione dell'articolo 10, comma 2, del Dlgs 166/2006, secondo cui tale organo collegiale, prima di iniziare la correzione, è tenuto a definire i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l'ordine di correzione delle prove.
La Sezione respinge questo motivo osservando che il disposto «non indica come i criteri devono essere predeterminati», mentre d'altra parte nel caso in esame la commissione ha correttamente indicato ed elencato le «condizioni per il giudizio complessivo di idoneità».
In questo modo viene ribadito il principio già sancito dalla magistratura, secondo cui l'attività di determinazione dei criteri di valutazione rientra nell'ampia discrezionalità della commissione esaminatrice ed è sottratta al sindacato di legittimità, salva l'arbitrarietà di giudizio che viene però esclusa nel caso di specie.
Si legge infatti nella sentenza che «la commissione, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, ha correttamente predeterminato i criteri di valutazione per categorie generali ben definite e con riferimento ad ogni possibile giudizio (inidoneità immediata per gravi insufficienze, idoneità/inidoneità per insufficienze meno gravi), secondo formulazioni inequivoche, che immediatamente rinviano ad istituti del diritto positivo ed alla relativa scienza giuridica».
Il medesimo approccio di rispetto per la discrezionalità di valutazione della commissione si rintraccia anche nel vaglio dell'ulteriore doglianza, riguardante la grave insufficienza espressa dalla commissione nei confronti dell'elaborato prodotto dal candidato in sede di esame. Quest'ultimo tenta di dimostrare l'illogicità di una siffatta valutazione adducendo in giudizio, a sostegno della propria tesi, il parere di un esimio professore ordinario di diritto privato.
I giudici non entrano però nel merito del giudizio tecnico-discrezionale della commissione e ritengono irrilevante la presentazione di pareri pro veritate, ribadendo che, sotto il profilo della legittimità, l'operato della commissione può ritenersi censurabile solo nei casi di evidente superficialità, incompletezza, incongruenza o manifesta disparità di trattamento verso i candidati.

La sentenza del Tar Lazio n. 5869/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©