Amministratori

Impugnabile solo l'atto endoprocedimentale tipizzato che ha come tale la forza di arrestare il procedimento

di Massimiliano Atelli

È impugnabile (e quando lesivo fa sorgere l'interesse ad un'immediata impugnazione) solo l’atto amministrativo endoprocedimentale che sia previsto dalla legge come tassello intermedio del più articolato iter amministrativo tipizzato.
Di conseguenza, la prassi, intesa quale costante sperimentazione di protocolli procedimentali (praeter o addirittura contra legem) tesi ad elidere fasi essenziali del procedimento amministrativo ivi compreso il provvedimento finale, è per converso inidonea a generare oneri di impugnazione, ponendosi piuttosto, essa stessa, come comportamento violativo dell’obbligo di concludere il procedimento.
È quanto afferma il Tar Lombardia, Milano, Sezione II, con la sentenza del 28 aprile 2017, n. 975.

L’approfondimento
Non è perciò possibile, ad avviso del Tar Lombardia, individuare un atto qualificabile come arresto procedimentale, e come tale dotato di portata lesiva, se non in corrispondenza di uno snodo del procedimento al quale sia la legge – e non la prassi amministrativa, o il comportamento di fatto degli attori pubblici coinvolti – ad attribuire valenza idonea a determinare il blocco dell’ulteriore corso dell’iter. Laddove, invece, sia riscontrabile il mero fatto della mancata prosecuzione del percorso procedimentale delineato normativamente, la tutela che l’ordinamento appresta in favore dell’interessato non consiste nell’impugnazione di alcun atto – proprio perché manca un provvedimento lesivo – bensì, eventualmente, nell’attivazione dei rimedi contro l’inerzia dell’Amministrazione.

Il caso
Nella specie, al Responsabile urbanistica di un Comune perveniva una nota del Direttore del Settore territorio della corrispondente Provincia, con cui l’Ufficio provinciale esprimeva, su richiesta del Comune, le proprie valutazioni in ordine alla proposta di variante di piano presentata dalla ricorrente. Secondo quest'ultima, questo atto avrebbe costituito un cosiddetto «arresto procedimentale», poiché la valutazione negativa espressa dalla Provincia avrebbe bloccato l’iter della proposta di variante, impedendo al Comune di procedere ulteriormente.
Del resto, si aggiungeva nel gravame, la definitiva lesività della nota provinciale sarebbe stata confermata dai fatti, ossia dalla mancata assunzione di ulteriori determinazioni da parte del Comune.

La decisione
Secondo il Tar Lombardia, con riferimento alla proposta presentata al Comune dalla ricorrente, il modulo procedimentale applicabile è esattamente disegnato dalla legge regionale n. 12 del 2005, che disciplina puntualmente l’iter di formazione dei piani attuativi e delle loro varianti.
L'atto impugnato dalla ricorrente non costituisce l'esito di alcun sub-procedimento e non presenta valenza idonea a determinare l'arresto dell'iter procedimentale delineato dalla legge.
Si tratta, infatti, di una mera nota interlocutoria, emessa dal Settore territorio della Provincia, a seguito di una richiesta preliminare rivolta dal Comune alla stessa Provincia, al fine di approfondire la compatibilità della proposta di variante. La risposta della Provincia costituisce quindi soltanto una prima valutazione, emessa nell'ambito dell'ordinaria collaborazione tra gli uffici, sul contenuto della proposta di variante. Tanto meno la nota provinciale può determinare la conclusione della fase istruttoria della proposta di variante al piano attuativo, posto che l'articolo 14, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005 prescrive espressamente che «della conclusione della fase istruttoria, indipendentemente dall'esito della medesima, è data comunicazione da parte dei competenti uffici comunali al soggetto proponente», così esplicitamente richiedendo un atto del Comune diretto a trarre le conclusioni dell'attività svolta e a rendere noto al proponente il risultato di tale fase.
Né - d'altra parte - l'esito della fase istruttoria può dirsi scontato, a seguito della nota provinciale, atteso che, come detto, la nota è un atto che di per sé non vincola il Comune.
In conclusione, secondo i Giudici amministrativi lombardi, la nota provinciale impugnata è priva di valenza lesiva e, pertanto, non sussiste l'interesse della ricorrente allo scrutinio nel merito della domanda di annullamento, la quale va quindi dichiarata inammissibile, ai sensi dell'articolo 35, comma 1, lett. b) del C.p.a.

Argomenti, spunti e considerazioni
La decisione del Tar Lombardia persuade.
Il principio di legalità è ovviamente insuperabile anche quando si tratti di atti che determinano l'arresto del procedimento prima della conclusione cui esso è in astratto preordinato.
A ciò non fanno eccezione gli atti endoprocedimentali. 
Essi, per avere la forza di arrestare il procedimento amministrativo, acquisendo così portata lesiva, devono porsi come snodo del procedimento al quale sia la legge – e non la prassi amministrativa, o il comportamento di fatto degli attori pubblici coinvolti – ad attribuire valenza idonea a determinare il blocco dell’ulteriore corso dell’iter. 
Tutt'altra cosa è, invece, quando sia riscontrabile il mero fatto della mancata prosecuzione del percorso procedimentale delineato normativamente. In tali ipotesi, la tutela che l’ordinamento appresta in favore dell’interessato non consiste nell’impugnazione di alcun atto – proprio perché manca un provvedimento lesivo – bensì, eventualmente, nell’attivazione dei rimedi contro l’inerzia dell’Amministrazione.

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