Amministratori

Valida la lettera di patronage del Comune a garanzia della controllata

di Francesco Machina Grifeo

Il Tribunale di Reggio Emilia riconoscendo pieno valore alle lettere di patronage a favore di una municipalizzata attiva nel settore delle rinnovabili, ha condannato il Comune di Correggio a pagare, a titolo di risarcimento, quasi 11 milioni di euro a una Banca per due mutui (del medesimo importo) concessi alla Srl all'epoca interamente partecipata dall'amministrazione. Secondo il Giudice, nella sentenza n. 946/2016, il municipio non ha adempiuto agli obblighi di copertura assunti con due diverse delibere a favore della partecipata poi ceduta e fallita.
La vicenda nasce a seguito della costituzione da parte dell'ente, nel gennaio 2007, di una società di diritto privato avente quale scopo sociale «l'innovazione tecnologica e la realizzazione di impianti, servizi e sistemi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili». La banca aveva concesso i finanziamenti soltanto «a fronte del rilascio, da parte del Comune di corrispondenti lettere di patronage», firmate dal direttore generale, a seguito di una deliberazione della Giunta (nel 2009), poi rinnovata dal Consiglio nel 2010. Il Comune si è difeso sostenendo che gli obblighi erano cessati con l'entrata in vigore dell'articolo14 comma 32 del Dl 78/2010 che imponeva di “disfarsi” delle società in perdita. Dunque, persa la possibilità di avere il controllo totalitario della srl, acquistata da una società svizzera, «si doveva dichiarare l'estinzione, per impossibilità sopravvenuta, degli impegni a suo tempo assunti dal Comune».

Giurisdizione ordinaria
Preliminarmente la sentenza ha rigettato il difetto di giurisdizione a favore del giudice amministrativo affermando che nel perseguimento dell'interesse pubblico «il Comune ha liberamente scelto di utilizzare strumenti di natura prettamente civilistica: le lettere di patronages rientrano, infatti, pacificamente, nell'ambito degli istituti del diritto comune fruibili anche dagli Enti Pubblici». Conseguentemente, «non assume alcun rilievo che tale decisione sia stata assunta a conclusione di un procedimento amministrativo». Ciò, infatti, «non influisce in nessun modo sulla natura di atto paritetico del negozio di diritto privato, scelto per realizzare gli interessi pubblici, a fronte del quale ci troviamo in presenza di un vero e proprio diritto soggettivo e non di un interesse legittimo» (Cons.iglio di Stato n. 3780/2015).

Patronage forte
Successivamente la sentenza ricorda che il Comune si era obbligato expressis verbis a «mettere a disposizione garanzie idonee a copertura del capitale e degli interessi e accessori derivanti dal finanziamento, ovvero alternativamente, a farvi ottenere il rimborso di quanto dovuto nel caso in cui la società non sia stata in grado di fare fronte agli impegni assunti». E siccome la norma richiamata prevedeva che i Comuni, con popolazione inferiore ai 30mila abitanti, che controllano società con almeno un bilancio in perdita nell'ultimo triennio, debbano metterle in liquidazione o cederne le partecipazioni, il municipio poteva anche, nella sua veste di socio unico, «disporre la liquidazione della società o comunque adottare soluzioni che costituissero comunque adempimento delle obbligazioni assunte». Né, avendo agito come comune parte contrattuale, «poteva sciogliersi da un vincolo negoziale assunto attraverso un atto destinato a terzi (bando di gara) decretando l'estinzione di tutte le obbligazioni assunte».
Il Comune, conclude il Tribunale, ha così violato sia l'obbligo di mantenere una partecipazione totalitaria sia quello di gestire la società in modo da garantirne la solvibilità, per cui per sfuggire al risarcimento avrebbe dovuto dimostrare che l'inadempimento era derivato da una causa non imputabile, ma questa prova non è mai arrivata. Bocciato infine anche l'argomento per cui la banca avrebbe concorso a cagionare il danno offrendo un finanziamento ad una società in perdita, dal momento che non sono stati evidenziati elementi che lasciassero presagire l'esito fallimentare al momento della concessione del finanziamento.

La sentenza del Tribunale di Reggio Emilia

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